News dal mondo digitale

L’influenza del digitale nel cinema

Dai video di Sandy Marton ad Avatar

Ripercorriamo alcuni passi (aiutati dall’enciclopedia Treccani) di questa rivoluzione.

 

Alla fine degli anni Ottanta l’uso del digitale nel cinema era essenzialmente legato alla creazione degli effetti speciali in fase di postproduzione, nella prima decade del nuovo secolo appare evidente come, la sempre crescente utilizzazione di questa tecnologia, abbia notevolmente influenzato la realizzazione di alcune delle più importanti opere cinematografiche, comparse sul mercato negli ultimi anni e tutto il mercato della distribuzione.

 

La rivoluzione non è avvenuta solo in campo realizzativo, produttivo ed autoriale ma anche nel campo della distribuzione in virtù della notevole riduzione dei costi relativi ai supporti digitali di archiviazione e al loro trasporto. Un’intera tradizione culturale e produttiva ha quindi dovuto confrontarsi con queste innovazioni.

 

Significativi esempi dei cambiamenti avvenuti sono film come The polar express (2004) e La leggenda di Beowulf (2007) di Robert Zemeckis, Sin city (2005) di Robert Rodriguez e Frank Miller, 300 (2006) e Watchmen (2009) di Zack Snyder, ma anche le nuove frontiere del cinema di animazione segnate in particolare dall’azione rivoluzionaria della Pixar.

In molti casi, la scelta del digitale appare essere componente fondamentale di uno dei tratti più significativi del cinema postmoderno.

Toy Story. 1995. Film d’animazione, il primo completamente sviluppato in grafica computerizzata, diretto da John Lasseter, realizzato dalla Pixar.

 

Sin City. 2005. Il film è completamente girato in digitale ed ha un’ambientazione quasi completamente virtuale. Gli attori hanno interpretato le scene davanti al green screen, utilizzando la tecnica del Chroma Key

In questo contesto si collocano esperimenti riusciti come il musical di Baz Luhrmann: Moulin Rouge! (2001), ma anche operazioni mirate a fondere avventura e sci-fi (science fiction) come nel caso di Sky captain and The World of Tomorrow (2004) di Kerry Conran. Il film è stato interamente costruito in postproduzione, a esclusione della fase di recitazione degli attori, dopo essere stato girato su blue screen. Con questo termine o con quello di green screen (la scelta del colore è di carattere soggettivo o tecnico) si indica lo schermo su cui si applicano gli effetti speciali.

Sky Captain and the World of Tomorrow. 2004. Il film è stato interamente girato su sfondo blu e, a parte gli attori, tutto è aggiunto in grafica computerizzata in fase di postproduzione.
Tra gli interpreti figura anche il grande attore scomparso Laurence Olivier, “resuscitato” grazie all’utilizzo dell’attore virtuale e delle moderne tecnologie degli effetti speciali.

 

Tale schermo costituisce la base della tecnica del chroma-key.

Possiamo definire la tecnologia digitale come uno strumento utile alla costruzione di “nuovi mondi” cinematografici.

Tra i registi che utilizzano questa tecnologia con finalità autoriali possiamo citare Michael Mann Collateral (2004),  Jean-Pierre Jeunet (Il favoloso mondo di Amélie 2001) e (Una lunga domenica di passioni 2004)  e Tim Burton,  The demon barber of Fleet Street (2007; Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street).

L’interazione tra foreground (ossia primo piano, o piano delle figure in movimento) e background (lo sfondo) è proprio il fronte su cui il digitale sta misurando le proprie potenzialitàricorrendo a soluzioni tecnologiche sempre più avanzate che permettono un controllo in tempo reale dei diversi piani scenici.

La possibilità di proporre forme sempre più sofisticate grazie alle nuove tecnologie ha inoltre portato a un interessante recupero dei generi classici da parte dello stesso cinema di animazione ‘puro’.

Esemplare è il caso del film Pixar Ratatouille (2007) di Brad Bird e Jan Pinkava, che riprende i ritmi frenetici della commedia hollywoodiana e quelli del musical trasferendoli in un’esotica Parigi e riproponendoli in versione animata, ma indirizzata allo stesso pubblico della commedia.

Chroma key e motion capture.

La tecnica, nel suo modello di base è stata usata per la creazione del personaggio di Gollum della trilogia de “Il signore degli anelli” di Peter Jackson ed anche per le creature di Harry Potter. Era comunque stata già utilizzata inoltre in Terminator 2 – Il giorno del giudizio di James Cameron, dove l’attore che interpretava il cyborg T-1000 assumeva le forme metalliche continuando il movimento del personaggio umano.

Tramite sensori che misurano spostamento, velocità e accelerazione, la motion capture permette di ottenere il movimento di un avatar a partire da quello reale di un attore. Ciò consente sia di non dover generare i frames del movimento, determinando così un innegabile risparmio, sia, con opportuni accorgimenti, di riprodurre movimenti anatomicamente impossibili.

Il Signore degli anelli. Trilogia 2002-2004. Questa serie di film è celebre fra l’altro per l’estremo realismo degli effetti speciali, realizzati dalla società neozelandese Weta, fondata dallo stesso Peter Jackson e da Richard Taylor.

 

Mentre in un’opera come Chi ha incastrato Roger Rabbit lo spettatore veniva messo di fronte a un mondo ibrido dichiaratamente per metà reale e per metà virtuale, le nuove soluzioni formali – come nel caso di Avatar, film di James Cameron – convivono in un unico universo, prevalentemente artificiale dal punto di vista della realizzazione, ma reale dal punto di vista dello spazio percepito.

Soltanto un quarto di Avatar è ripreso direttamente con la macchina da presa mentre il resto è realizzato virtualmente.

In questo modo viene effettuata una totale commistione tra live action e personaggi virtuali ripresi in motion capture, per quanto riguarda le figure in movimento, e una combinazione tra set tradizionali e  scenografie create artificialmente.

Avatar. 2009. Il film è composto per un 60% da elementi virtuali creati al computer e per il restante 40% da elementi live-action.

 

In Avatar il piano degli attori e quello dello sfondo, vengono rielaborati attraverso tecniche di rendering e sovrapposti in tempo reale, in quanto componenti di un unico green screen, nel quale i movimenti dei personaggi reali sono sincronizzati con i movimenti virtuali della macchina da presa.

Le soluzioni sperimentate da Cameron lo collocano di diritto all’avanguardia del processo digitale, facendone il regista più coinvolto nell’uso delle nuove tecnologie, sia con la finalità di elaborare soluzioni estetiche originali, sia con quella di lanciare nuove formule narrative.

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